Come difendersi da Facebook




La privacy? Sul sito più trendy del momento è impossibile garantirla. Non resta che seguire alcune regole...

Un bel mondo. Virtuale, semplice, complicato, divertente, pericoloso. Che tiene attaccati 110 milioni di utenti, oltre due milioni in Italia. Che ci fa tornare a casa la sera davanti al computer, solo per spiare le vite altrui. È Facebook, il social network fondato nel 2004 dallo studente di Harvard Mark Zuckerberg che in origine lo concepì come circolo esclusivo per tenersi in contatto con i compagni di college, scambiarsi dispense e appunti. Poi Zuckerberg ha capito: il “fenomeno” doveva divenire business. Ed eccolo Fb (acronimo per gli aficionados), una megalopoli da 300 milioni di dollari, aperto a tutti, gratis. Ma il prezzo da pagare è un altro. La propria privacy. Iscriversi è un attimo: mail, password, nome (vero o finto che sia), sesso (è obbligatorio). A scelta: il numero di cellulare, la data di nascita, le scuole frequentate, le preferenze musicali, politiche e religiose. Il numero di carta di credito. Poi si caricano le istantanee del matrimonio, delle vacanze, si “taggano” (nominano) gli amici sulle foto altrui, si commenta. E, non da ultimo, su Facebook c’è anche chi aggiunge le immagini di figli e di nipoti....................

Un dilemma, esserci o non esserci? Sociologi, psicologi ed economisti si sono già espressi. «Facebook rende soli», ha detto Paola Vinciguerra, presidente di Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico). «Facebook non disturba il lavoro», tranquillizza una ricerca inglese. «Facebook ha bisogno di fondi perché spende oltre un milione di dollari al mese solo in energia elettrica», dice TechCrunch, il blog creato da Michael Arrington e dedicato alle segnalazioni sul Web 2.0. «E Facebook, non essendo una compagnia fondata con lo scopo di fare soldi, morirà». Già, morirà. Ma uscirne è difficile. In gergo si dice suicidarsi. Si compila un modulo spiegandone le ragioni. Le opzioni vanno da “Facebook sta creando problemi alla mia vita sociale”, fino a “si tratta di uno stato temporaneo. Tornerò”. Il profilo resta ad memoriam, coperto di grigio come una tomba, e i dati, attenzione, rimangono nel sistema.
Negli Usa molti utenti hanno già smesso. Così, proprio nel momento in cui Facebook raggiungeva l’apice, ha iniziato a soffrire. Come una bolla speculativa da subprime. Gli iscritti hanno capito. E si sono suicidati in massa.


Marta Serafini



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